Le verifiche fiscali dirette a provare, anche in via presuntiva, il comportamento evasivo del contribuente possono avere ad oggetto anche i conti intestati al coniuge o a un familiare
Un contribuente riceve un avviso di accertamento in relazione alle imposte e propone ricorso. In particolare, lamenta che le indagini compiute dal Fisco abbiano riguardato i conti correnti della madre e della moglie, inoltre, in quest’ultimo caso, deduce di essere in regime di separazione dei beni e di non disporre neppure della delega sul conto, pertanto, secondo le sue difese, un simile accesso risulta immotivato.
La Corte di Cassazione, Sezione tributaria, con l’ordinanza del 25 luglio 2024, n. 20816, afferma che, in caso di accertamento dell’imposta sui redditi, le verifiche fiscali dirette a provare, anche in via presuntiva, il comportamento evasivo del contribuente possono avere ad oggetto anche i conti bancari intestati al coniuge o al familiare dello stesso. Infatti, tramite le mentovate indagini, si può fondare la presunzione legale di maggiori ricavi relativamente alle operazioni finanziarie desunte dai conti bancari. Per svolgere le verifiche bancarie occorre la previa autorizzazione dei soggetti indicati dall’art. 32 c. 7 DPR 600/1973 ma non è necessario che questa sia motivata. Pertanto, la mancata allegazione dell’autorizzazione motivata non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento. Solo l’acquisizione dei dati bancari in assenza dell’autorizzazione può determinare l’illegittimità dell’atto a condizione che ciò abbia arrecato un concreto pregiudizio per il contribuente.